L’esplorazione di Antonio Belvedere sul pensiero e sulle opere di Vittorio Ugo offre alla storiografia architettonica contemporanea un’occasione preziosa, oltre che per conoscere il ruolo di uno studioso di grande rilievo nel panorama della ricerca progettuale in Italia, anche per fare il punto sui grandi mutamenti che l’hanno caratterizzata negli ultimi decenni.
Dalla narrazione emerge la figura di un protagonista del suo tempo, ben consapevole dell’azione che la generazione cui appartiene è stata chiamata a condurre in un periodo storico di particolare delicatezza. Un protagonista cosciente del fatto che la sua attività di studioso, di docente e di progettista si colloca a cavallo tra il concludersi dell’opera di ricostruzione postbellica italiana e il delinearsi delle difficili strategie politiche imposte da una nuova programmazione territoriale. In ogni ambito Ugo è stato interprete delle tensioni che andavano sviluppandosi e che lo chiamavano ad agire con quel lucido impegno culturale che è certo il suo tratto più specifico e più saliente.
Credo che ripercorrere gli anni della collaborazione con il suo maestro sia stato per l’allievo qualcosa di più che un riavvicinamento ideale alla cultura che li aveva uniti per tanti anni, e che abbia avuto il senso di una ripresa attiva e feconda di una prassi che continua a produrre pensiero. Chi conosce sia l’allievo che il maestro avverte quanto il seme originale sia, in questa biografia, rinnovato nella sua vitalità, come nel suo linguaggio. Sembra che anche le atmosfere culturali di allora si ripresentino con la loro problematicità e rimettano in moto le energie generate da una volontà che non ha mai smesso di credere nel suo ruolo intellettuale.
(dalla presentazione di Roberto De Rubertis)